Il mio viaggio in un mondo in cambiamento.
Di fronte ai progetti di Architettura mi sono sempre sentito un po’ come un marziano: un estraneo al settore, ma curioso di scoprirlo, ammirarlo e approfondirlo.
Una passione che ho ereditato dal mio gemello Ranieri, che ha saputo trasmettermi quel suo amore viscerale per una materia così immaginifica e complessa, che coinvolge tutti i sensi e i campi del sapere, dall’arte alla tecnologia, dalla scienza alla sociologia, dal design alla matematica…
È stato proprio grazie a lui che ho scoperto la Cappella di Notre-Dame du Haut progettata da Le Corbusier tra il 1950 e il 1955.
Immersa nelle colline vicino a Ronchamps, è un vero capolavoro di architettura religiosa moderna. Una struttura rivoluzionaria nella sua estrema semplicità, il cui tetto sembra una vela rovesciata pronta a traghettare le anime verso il cielo.
Altra sorprendente opera del grande maestro è il Convento di Santa Maria de La Tourette, un edificio religioso dove spesso andavo a trovare il mio caro amico domenicano, Frère Marc.
Un luogo incredibile, diventato meta del pellegrinaggio degli architetti del Novecento. Ma soprattutto uno spazio che lascia lo sguardo di ogni visitatore disorientato, perché nulla appare immediato ed evidente.
È proprio questo senso di stupore e mistero che sapeva trasmettermi con i suoi disegni il mio amato Ra. Vederlo immerso nei pensieri, mentre la sua matita scorreva sul foglio bianco dando corpo e concretezza a idee, intuizioni, emozioni, era per me pura poesia.
La stessa che ho provato quando ho visto ultimato uno dei suoi progetti più ambiziosi: l’estensione della Tour First a Parigi.
Un Laboratorio di riflessione su un Futuro tutto da immaginare e costruire.
Come da tradizione, anche quest’anno sono sceso dalle nuvole per farmi un giro tra i padiglioni della Biennale di Architettura di Venezia alla ricerca di ispirazione e di mondi alternativi in cui rifugiarmi. Il tema mi incuriosiva, ma tra un impegno galattico e l’altro ho aspettato gli ultimi giorni prima della sua chiusura ufficiale.
L’obiettivo dell’esposizione è stato riflettere sul contrasto al cambiamento climatico attraverso la promozione di pratiche più sostenibili per la progettazione, l’allestimento e lo svolgimento di tutte le attività.
Cuore di ogni progetto presentato è l’elemento di cui si nutre l’architettura: l’Immaginazione. Come ha infatti spiegato in un suo interessante intervento la curatrice della Mostra Internazionale di Architettura, Lesley Lokko,
“è impossibile costruire un mondo migliore, se prima non lo si immagina”.
Avere il coraggio di guardare il mondo con occhi diversi, cambiare prospettiva e percorrere strade alternative, è quello che oggi più che mai ha bisogno l’umanità per provare a costruire qualcosa di nuovo. Un futuro aperto, inclusivo e sostenibile in cui tutti possano finalmente vivere una vita migliore.
I Padiglioni che hanno colpito la mia attenzione.
Visitare la Biennale di Architettura è come atterrare su un altro Pianeta, in cui all’inizio è un po’ difficile orientarsi. Tra i tantissimi padiglioni dislocati tra i Giardini e l’Arsenale, tre progetti hanno in particolare catturato il mio interesse e la mia curiosità.
Il primo è il Padiglione del Belgio “In Vivo”, una grande installazione realizzata con pannelli di micelio e terra cruda, che si concentra sul rapporto tra l’architettura e le risorse sempre più scarse, esplorando le nuove possibilità offerte dall’utilizzo di materiali costruttivi naturali e di origine organica come i funghi.
Il Padiglione del Cile è stato quello in cui ho avuto il piacere di rifugiarmi dopo aver vagato in cerca di ispirazione. E finalmente l’ho trovata con “Moving Ecologies”: una distesa di sottili steli fluttuanti in acciaio che sorreggevano delle sfere al cui interno erano custoditi dei “semi preziosi” di specie endemiche e native del Cile.
Un’esperienza quasi magica, che invitava i visitatori a riflettere sui danni inferti alla natura in un’ottica di protezione e di ripristino ecologico. Perché il futuro non va solo progettato e costruito, ma anche seminato, coltivato e protetto.
Che dire del Padiglione dell’Irlanda? Anche qui ho vissuto un’esperienza immersiva davvero coinvolgente che intrecciava in un’unica grande installazione passato e futuro, stimolando a re-immaginare il vasto territorio di terra e oceano chiamato “casa”. Di fronte a quella montagna di lana naturale, nera, solida ma al tempo stesso soffice, ho sentito tutta la fragilità dell’equilibrio tra uomo e risorse naturali.
Perso tra sostenibilità, cultura e poesia.
Verso la fine del percorso all’Arsenale, vicino al Padiglione Italia, ho scoperto il luogo che considero forse il più poetico di tutta la Biennale. Si tratta del Padiglione dell’Uzbekistan intitolato Unbuild Together. Archivism vs Modernity: un progetto incentrato sulle rovine delle qalas, le antiche fortezze della regione di Karakalpakstan, e sulle molteplici possibilità offerte dalla terra per la costruzione, in particolare dei mattoni, elemento portante dell’architettura uzbeka.
Un’installazione monumentale, allestita come una sorta di labirinto, animato al suo centro da contenuti video e illuminato da frammenti di luce.
Il mio percorso da “marziano” in Biennale si è concluso fuori dal caos dei Giardini e dell’Arsenale, dove ho potuto trovare due spazi alieni davvero creativi. Il primo è stato il Padiglione di Cipro: un allestimento “spaziale”, in cui mi sono sentito un po’ a casa, a contatto con una comunità di viaggiatori, scienziati e navigatori pronti a partire verso un futuro ignoto.
Ultima iniziativa che vi vorrei segnalare è stata la Mostra EUmies Awards. Young Talent 2023. Un evento collaterale organizzato a Palazzo Mora, che ha coinvolto tanti giovani talenti chiamati a dare il proprio contributo per la trasformazione del nostro Pianeta. Un’esposizione di plastici, progetti, disegni e video che ho trovato davvero interessante.
Questo weekend facciamo cose dell’altro mondo.
Ranieri mi ha insegnato che con l’immaginazione si possono fare tante cose: come dare spazio al cambiamento, creare ponti tra passato e futuro, o ridisegnare i legami con il territorio circostante.
Bene, allora invito tutti voi ad usarla per esplorare insieme gli allestimenti più interessanti e le idee più innovative che ho visto in Biennale e che ho raccolto per voi in un tour fotografico che troverete condiviso sui miei canali Instagram e Facebook.
Ricostruiamo il nostro futuro. Oggi è FRAday.
Roberta Dicembre 8, 2023
Non so da dove iniziare perché i tuoi FRAday sono sempre talmente “teatrali”, con tanti cambi di scena e intriganti giochi ad incastro che vanno ben al di là delle parole. Ma non si può non iniziare dalla tua poesia nel raccontare Ra e nel cercarlo e ritrovarlo girovagando per i suoi mondi. Fantastico il suo schizzo che con la velocità dell’intuizione, con pochi tratti potenti, simili ad un ideogramma, fa immaginare la Tour First. Opera magnifica, assolutamente da visitare, così come La Tourette, un luogo “sospeso”, che attraverso le tue foto fa veramente volare il cuore. E poi il titolo, significativo il rimando a Flaiano e al suo Un marziano a Roma, che conduce davvero in un altro mondo. O meglio in un mondo altro. Altro da questo sempre più distante da molti di noi eppure così poetico almeno fino a quando vincerà la bellezza in tutte le sue sfumature, raccontata con gli scatti e le parole giuste. Le tue. Raccontata soprattutto con immaginazione, cuore e passione.
Andrea Lopez Dicembre 8, 2023
Molto interessante, anche a me ha sempre affascinato l’architettura, trovo che sia uno dei mezzi più belli per avvicinare l’uomo al divino, trasformando la realtà in modo “magico” attraverso l’immaginazione e la fantasia che diventano appunto strumenti per il raggiungimento di una condizione più elevata, di benessere dell’anima. Se quello che costruiamo esteriormente proviene da un processo creativo interiore che scava aprendo spazi dentro l’essere umano, il risultato sarà qualcosa di meraviglioso e strabiliante. Complimenti.