Una Vita a doppia frequenza.

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Quante vite può avere una vita?

Nel caso di Gabriele Villa non basta un FRAday per raccontarle tutte, ve lo assicuro. Giornalista, radioamatore professionista, inviato di guerra, viaggiatore solitario, cultore del jazz, sassofonista, appassionato “vespista”, autore.

Ma soprattutto un amico speciale.

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Una persona su cui sintonizzarmi è stato semplice. Perché Gabriele entra subito in connessione profonda con chi ha di fronte. Attraverso lo sguardo, le parole e le sue straordinarie esperienze vissute. E tu staresti lì ad ascoltarlo per ore e ore, proprio come è accaduto a me la prima volta, tanti anni fa, quando ci siamo conosciuti.

Una vita amplificata da un importante bagaglio professionale e da un profondo senso di umanità che non lo hanno mai abbandonato, nemmeno nei momenti più difficili e rischiosi della sua carriera, quando la sua penna era chiamata a documentare tra le pagine più violente della nostra storia recente.

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Ho scelto di dedicare questo mio FRAday a due sue vite in particolare, quella di radioamatore e quella di inviato di guerra, perché l’una s’intreccia all’altra in modo appassionante e sincero, aiutandoci a comprendere meglio, non le ragioni della guerra, ma quelle della Pace.

In questa intervista Gabriele ci racconta come queste due vite siano unite da un sottile filo che percorre il suo vissuto.

Foto ANSA 2015 – fotografo Darko Bandic

Essere un “discepolo” di Marconi nell’epoca di Internet.

Non ero mai entrato nella stanza di comando di un radioamatore, quindi potete ben  immaginare il mio stupore nell’essere accolto in uno studio pieno di strani macchinari, illuminato da tantissime spie lampeggianti e animato dal suono di voci lontane, quasi indecifrabili.

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Dentro quelle misteriose e sofisticate apparecchiature c’è molto di più che semplice tecnologia. C’è tutta la passione di Gabriele e il suo impegno a comunicare oltre i confini, a puntare le proprie antenne sulle latitudini più remote e isolate del pianeta, portando il proprio segnale di speranza alle comunità che vivono senza collegamenti o in gravi situazioni di emergenza.

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Una passione, quella per la radio e il radiantismo, iniziata molto presto, quando Gabriele aveva solo 14 anni, che nel tempo è cresciuta raggiungendo straordinarie vette d’eccellenza, come testimoniano i tantissimi riconoscimenti appesi al muro del suo studio. Non si tratta solo di onorificenze, perché per lui rappresentano la vera ragione per cui ha scelto di diventare radioamatore.

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Una missione che nemmeno l’avvento di internet è riuscita a fermare o a mettere in secondo piano. Come infatti mi ha spiegato in questa interessante video intervista:

Quando tutto si ferma, non c’è telefono o internet che tenga, l’unico mezzo che può arrivare lontano e dare voce all’emergenza è la radio.

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Se volete scoprire i segreti tecnici del radioamatore professionista, dal controllo delle frequenze al direzionare un’enorme antenna verso un paese prescelto per aumentare il segnale, fino all’utilizzo del codice morse, vi invito a guardare anche questo video.

Fare l’Inviato di Pace in tempo di guerra.

Se c’è una cosa che Gabriele davvero non sopporta quando si parla di guerra è sentirsi domandare “tu da che parte stai?”, perché lui è, ed è sempre stato, dalla parte della pace e delle vittime.

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Il suo impegno come giornalista inviato sul campo è infatti stato dare voce a chi non ha voce, testimoniare le vicende umane dei popoli coinvolti nei conflitti e provare a raccontare le loro storie.

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Storie difficili da ascoltare, ma di cui l’umanità intera ha gran bisogno non solo per comprendere l’incomprensibile, ma soprattutto per cercare di non cadere negli stessi errori ed orrori.

Storie che “pesano” sulla coscienza, come il grande sacco che gli fu consegnato dal comando israeliano durante la seconda intifada e che ha voluto conservare per non dimenticare.

Mi mostra subito il suo contenuto: un giubbotto antiproiettili di quasi 30kg, un casco protettivo, una maschera antigas e una siringa di atropina in caso di attacco chimico.

Foto FFG

Dentro quel sacco sono custoditi tutti i ricordi di Gabriele, indelebili pagine di vita, di sofferenza, di isolamento, ma anche di coraggio, di umanità e di speranza.

Foto ANSA 2010 – fotografo Ali Ali

Un’intervista intima che vi invito a guardare cliccando questo link, lontana anni luce dalle narrazioni che oggi si fanno sui social e che spesso dividono il pubblico in “tifoserie opposte”.  Perché in fondo, come aggiunge Gabriele alla fine della nostra intensa chiacchierata tra amici:

“La pace va vissuta dentro prima di tutto, per poterla dimostrare”.

Questo weekend apriamo il nostro cuore.

Desidero chiudere il primo FRAday del nuovo anno con una delle più struggenti e poetiche scene del film Joyeux Noël presentato fuori concorso al Festival di Cannes del 2005, di cui io e Gabriele abbiamo parlato durante un fuori onda della nostra lunga intervista.

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È quella in cui gli ufficiali francesi, tedeschi e britannici si accordano per una notte di tregua, intonando i canti di Natale e festeggiando insieme proprio come si fa tra amici e in una grande famiglia.

Un auspicio che rivolgo a tutti voi, per ritrovare quel senso di umanità e di fratellanza che tutte le guerre, del passato e di oggi, vogliono cancellare.

Scriviamo insieme nuove pagine di Pace. Oggi è FRAday.

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