Storie di dischi che hanno scandito la mia vita.

Ognuno di noi ha un particolare momento della vita legato a una canzone. A volte bastano poche semplici note, un accenno di melodia, a far riaffiorare nella nostra mente e nel nostro cuore i ricordi, le emozioni, le lacrime e gli infiniti sentimenti racchiusi nel brano che stiamo ascoltando.

È la magia della musica, che attraversa il tempo e le generazioni, senza mai perdere la sua intensità e la sua straordinaria capacità di far vibrare l’animo umano, di arricchire l’immaginario personale e di trasformare in colonna sonora un’esistenza intera.

La mia sconfinata passione per la musica e per i dischi in vinile è iniziata quando ero un ragazzo. A quei tempi frequentavo un collegio in Francia e attraversavo la classica crisi che tutti noi ex sedicenni abbiamo vissuto. Tutto ai miei occhi mi sembrava difficile e insuperabile: i miei rapporti con i coetanei, lo studio, la famiglia. La musica mi ha letteralmente salvato.

Vnyl stories

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Ricordo che in quel periodo non facevo altro che ascoltare l’album dei Genesis “And Then There Were Three” rinchiuso nella mia camera. Un album di “rottura”, per molti versi incompreso proprio come mi sentivo io in quel particolare momento della vita. Non so quante volte avrò ascoltato Many too Many, fatto sta che fu proprio questo brano ad attirare l’attenzione del bullo mio vicino di stanza che, incuriosito dal pezzo, bussò alla mia porta per chiedermi se poteva restare da me ad ascoltarlo. Quel giorno mi sono sentito meno incompreso del solito.

Nel grande tempio della Musica.

Per gli appassionati di vinili la ricerca musicale e il tempo sono due elementi fondamentali, perché arricchiscono l’esperienza trasformandola in una sorta di rituale magico. Per chi come me ha avuto la fortuna di frequentare i club di Londra nella metà degli anni ’80 e i vari templi del vinile tra Piccadilly e Soho, sa a cosa mi riferisco.

Varcata la loro soglia, ti sentivi catapultato in un altro mondo, con lo sguardo perso tra migliaia di copertine, in una sorta di ipnosi musicale, alla ricerca del tuo Idolo.

Tra tutti, il mio è sempre stato David Bowie. La mia adorazione per lui era così sconfinata che facevo di tutto anche per assomigliargli. Talmente ero innamorato del suo stile eclettico e trasgressivo che non vedevo l’ora che arrivasse il mercoledì sera per far sfoggio del mio look ambiguo nel night club più esclusivo del West End, il famosissimo Cafè de Paris. Così prima di uscire di nascosto dalla vista dei miei genitori “filo tradizionalisti” mi truccavo gli occhi e mettevo un foulard attorno al collo per dare quel tocco di eccentricità in più fondamentale per essere selezionati all’ingresso del locale.

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Anche se quelli di Londra erano gli anni di Let’s Dance e della musica elettronica, il mio album preferito è in assoluto The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars che conservo come un prezioso cimelio.

Vi presento i miei inseparabili LP.

Ho sempre considerato gli LP come dei vecchi e cari amici: li ho scelti con cura, passando serate intere ad ascoltarli, forse è per questo che sono tanto affezionato a loro. Ogni album è un pezzo unico per personalità, bellezza e sound.

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Vere opere d’arte a cominciare dalla loro copertina. Alcune sono davvero incredibili, frutto della creatività di famosi artisti, illustratori, visual art designer che grazie alla loro straordinaria genialità hanno contribuito al successo degli album.

 

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È il caso ad esempio di “Physical Graffiti” dei Led Zeppelin, che considero tra le più belle cover mai realizzate. Opera del designer Peter Corriston, la copertina ritrae la facciata di due edifici di New York, situati al numero 96 della 8th Street/St. Mark’s Place, nell’East Village. La particolarità è che la facciata sul fronte è rappresentata da una foto realizzata di giorno, mentre sul retro è in versione notturna. In entrambi i lati le finestre del palazzo sono ritagliate per dare spazio al titolo dell’album e ai volti di alcuni personaggi iconici come l’assassino di JFK, Lee Harvey Oswald, Neil Armstrong, Elizabeth Taylor nei panni di Cleopatra, King Kong, la Vergine Maria…

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Altra copertina entrata nella memoria collettiva di tutti gli appassionati dei Pink Floyd è quella dell’album “The Dark Side of the Moon” realizzata dal collettivo artistico Hipgnosis e firmata dall’artista grafico George Hardie

Una black cover quasi ipnotica, con un raggio di luce che attraversa un prisma triangolare scomponendosi nei vari colori primari: il rosso, l’arancione, il giallo, il verde, il blu e il viola. Tutti tranne l’indaco. Un’immagine potentissima, elegante e semplicemente perfetta che racchiude tutta l’energia, la profondità e lo spirito d’avanguardia del gruppo.

Questo weekend vi faccio fare 33 giri con me.

Avere tra le mani un disco, sfilarlo dalla sua copertina, sentire il leggero fruscio tra le dita, posarlo lentamente sul piatto del giradischi facendo attenzione a non rovinarlo, poi sollevare il braccio e abbassare la puntina… è un’esperienza così straordinaria, fisica e coinvolgente che nessun supporto digitale potrà mai eguagliare.

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Se anche voi come me, siete appassionati di vinili o avete appena iniziato a collezionare qualche disco scoprendolo in qualche mercatino vintage della vostra città, vi invito a sintonizzarvi sui miei canali social Instagram e Facebook, perché ho tante belle storie da raccontarvi.

Cambiate musica. Oggi è FRAday.